di Enrico Romagnoli –
Avendo un gruppo e scrivendo i testi delle mie canzoni mi sono provato a chiedere se anche altri cantanti hanno la possibilità di poter fare e scrivere ciò che vogliono, non mi riferisco a sconosciuti, ma a chi è ad un certo livello, scrive per sé stesso o per chi ascolta?
Mi piace pensare che sia la prima, anche se so che non è sempre così. Pierangelo Bertoli ha scritto una canzone che si chiama “A mudo duro” e parla di questo, della libertà nello scrivere. Successe che ad un certo punto della sua carriera un signore, che lavorava nella sua casa discografica, gli disse che il suo linguaggio ormai non andava più bene, quindi doveva cambiare modo di scrivere.
Bertoli entrò in crisi e non riusciva più a scrivere e a star sereno, una notte prese una penna e scrisse “A muso duro”, la fece ascoltare alla sua etichetta e tra i tanti c’era anche quel signore, che, dopo qualche giorno, si licenziò. Queste per me sono le frasi che riassumono in pieno ciò che Bertoli voleva dire:
“Ho sempre scritto i versi con la penna, non ho ordini precisi di lavoro.”
“Ho speso quattro secoli di vita e ho fatto mille viaggi nei deserti, perchè volevo dire cio’ che penso, volevo andare avanti ad occhi aperti, adesso dovrei fare le canzoni con i dosaggi esatti degli esperti, magari poi vestirmi come un fesso per fare il deficente nei concerti.”
“E non so se avrò gli amici a farmi il coro o se avrò soltanto volti sconosciuti, canterò le mie canzoni a tutti loro e alla fine della strada potrò dire che i miei giorni li ho vissuti.”